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Analisi dei mercati 15.10.22 La settimana appena conclusa ha | Bitcoin Facile

Analisi dei mercati 15.10.22

La settimana appena conclusa ha confermato l'estrema volatilità che ha caratterizzando i mercati finanziari da settembre.

Addirittura giovedì l'S&P 500 ha registrato uno swing intraday superiore al 5%, livelli di volatilità che generalmente sono associati al mercato crypto e non certo al benchmark dell'azionario USA.

Bitcoin si è difeso bene, confermando la tenuta del supporto chiave nella regione $18K che gli ha consentito di essere uno dei pochi asset del panorama finanziario a non aver ancora aggiornato i minimi di giugno '22.

Capitalizzazione di mercato $920 miliardi, indice di BTC dominance 40%

Nonostante la buona performance di giovedì, ieri i mercati azionari hanno chiuso con forti ribassi.

I drivers principali della price action sono l'inflazione, gli utili in calo di alcune banche d'affari (anche se meno pesanti delle aspettative) e il ribasso del petrolio che ha trascinato giù il settore energetico.

Petrolio in calo a causa dei timori di una recessione e a Putin che ha confermato come la mobilitazione avviata il mese scorso si concluderà entro due settimane.

Ciò naturalmente alimenta le speranze che la guerra in Ucraina possa avviarsi al più presto verso una soluzione diplomatica.

Ma il passaggio chiave della settimana è relativo all'inflazione negli Stati Uniti, con l'ennesimo aumento del CPI Core (inflazione al netto di generi alimentari ed energia).

Questi dati suggeriscono che appena i prezzi dell'energia torneranno a salire, l'inflazione al consumo negli Stati Uniti raggiungerà livelli record come adesso accade in Europa.

Naturalmente gli investitori hanno accolto molto male i dati, con i mercati obbligazionari in grande affanno come dimostrano i rendimenti dei treasury decennali saliti sopra il 4%.

E con un debito pubblico USA di oltre $31.000 miliardi, quelle percentuali sono insostenibili.

Tuttavia nonostante il quadro fosco, potremmo essere vicini a un relief rally.

Attualmente il rischio più grande è quello di una crisi del debito.

Abbiamo già visto nei giorni scorsi come la Bank of England sia stata costretta a prolungare il suo programma di riacquisto dei titoli di Stato e come incredibilmente la Banca Centrale Svizzera sia stata costretta a chiedere un prestito alla Fed, che infatti ha aperto una linea di credito da oltre $3 miliardi che pare stiano diventando 6.

Ragionevolmente questi soldi serviranno per dare ossigeno a Credit Suisse e alle altre banche elvetiche in profonda difficoltà.

Dunque queste dinamiche lasciano presagire che molto presto le banche centrali saranno costrette a sotterrare l'ascia di guerra contro l'inflazione, per tornare alla vecchie abitudini.

Ad avvalorare questa ipotesi, ci sono le dichiarazioni del segretario al tesoro americano Yellen che si è detta molto preoccupata dai livelli di liquidità nel mercato obbligazionario americano.

In tale contesto, dubito fortemente che la Fed resterà a guardare rischiando di compromettere la reputazione dei propri titoli di Stato e dunque presto sarà costretta a riattivare il programma di quantitative easing.

Al momento il tesoro degli Stati Uniti si è rivolto alle grandi banche, con la richiesta di fornire liquidità al mercato obbligazionario. Naturalmente il denaro sarà fornito in larga misura dalla Fed attraverso le classiche operazioni Repo (prestiti agevolati overnight).

La prossima settimana usciranno nuovi rapporti trimestrali delle società di Wall Street e vista la situazione economica attuale è improbabile che siano positivi.

A mio avviso questo è l'unico elemento che gli investitori non hanno ancora prezzato: ossia il calo degli utili trimestrali sotto le previsioni.

Staremo a vedere, comunque è chiaro che il consenso ribassista sul mercato potrebbe favorire a breve un classico contro movimento, agevolato anche dalle azioni delle banche centrali ipotizzate in precedenza, riservando così piacevoli sorprese a chi è riuscito a mantenere la calma.

Ma dobbiamo considerare che l'attuale contesto macro è fortemente deteriorato e che siamo ancora in pieno bear market.