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Agli economisti spesso piacciono i teoremi di partenza, risult | Vantaggio Sleale - Investing e Trading

Agli economisti spesso piacciono i teoremi di partenza, risultati che sembrano essere contrari alla saggezza convenzionale (J. Stiglitz).
 
PMI manifatturiero dell’Europa di luglio alle 10:00 (stima 49,6 punti contro 52,1 di giugno), tasso di disoccupazione Europeo di giugno alle 11:00 (stima 6,6% invariato rispetto a maggio), PMI manifatturiero USA di luglio alle 15:45 (stima 52,3 punti contro 52,7 di giugno) e ISM USA manifatturiero di luglio alle 16:00 (stima 52,9 punti contro 53 di giugno).
                                                                                                                                                                            
Con i dati dello scorso venerdì, la Germania è riuscita ad evitare la recessione di un soffio (il Pil si è fermato allo 0,1%, in linea con le attese), mentre meglio delle attese ha fatto registrare l’Italia: 1% di crescita contro 0,3% atteso, che porta il tendenziale annuo al 4,6% contro il 3% atteso. In Europa il Pil del 2Q si è chiuso con un +0,7% (0,2% le attese) in rialzo rispetto allo 0,6% del 1Q e con prezzi al consumo in crescita a luglio dell’8,9% YoY, in ulteriore accelerazione rispetto all’8,6% di giugno. Sull’altro fronte dell’Atlantico, il PMI Chicago è stato peggiore delle stime (52,1 punti contro 55 stimato), mentre la fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan è risultata leggermente migliore dele attese (51,5 punti contro 51,1 stimato).
 
La flessione del PIL USA nel secondo trimestre, pari allo 0,9% che fa seguito a quella dell’1,6% del primo trimestre, ha sancito ufficialmente l’entrata in recessione degli USA. L’Europa è invece cresciuta dello 0,7% nel primo trimestre e le stime indicano un +0,2% nel secondo trimestre (i dati verranno rilasciato il 17 agosto). Se così fosse, delle due cose l’una: o l’economia Europea è più resiliente di quella USA, oppure la recessione arriverà più tardi così come più tardi è arrivata la ripresa in uscita dalla pandemia. Propendo per la seconda.
Per poter affermare questo, abbiamo analizzato l’inflazione, responsabile delle strette monetarie delle banche centrali e il cui controllo è entrato prepotentemente nel dibattito dei due blocchi economici. Nonostante il tasso di inflazione headline all’apparenza sia molto simile (intorno all’8%), USA ed Europa hanno una dinamica dei prezzi differente nella struttura. Se infatti isoliamo il tasso di inflazione core, notiamo come quello europeo risulti notevolmente più basso di quello USA di circa 2,4 punti percentuali. Questo significa che l’Europa necessita di un approccio diverso rispetto a quello USA, più graduale e maggiormente attento all’impatto asimmetrico che la normalizzazione dei tassi di interesse potrebbe avere su economie e debiti pubblici di Paesi molto diversi tra loro. L’inflazione core USA sembra avere già raggiunto il picco massimo ed essersi avviata verso la fase di decelerazione. I prezzi in area Euro sembrano invece muoversi con un ritardo di circa 2-4 mesi rispetto agli USA.
 
Analizzando in dettaglio la dinamica dei prezzi USA, ne risulta come questa sia dovuta in prevalenza dall’andamento dei prezzi dei servizi e dei beni industriali. Il rialzo del prezzo dell’energia ha avuto un impatto rilevante nel corso della primavera del 2021, ma poi è rapidamente sceso. La crisi energetica non sembra quindi riflettersi in modo significativo sulla dinamica dell’inflazione USA, vista la disponibilità di gas USA e Canadese a prezzi notevolmente più bassi (gli USA sono indipendenti da un punto di vista energetico). La crescita dei prezzi dei beni alimentari è stata invece più graduale ed è diventata importante soprattutto negli ultimi mesi. In altre parole, i dati suggeriscono che l’inflazione USA è sostenuta in prevalenza dalla domanda. Sul mercato del lavoro si è registrato un aumento dei salari medi, quale effetto della scarsità della manodopera in uscita dalla pandemia.