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La ripresa economica dovrebbe naturalmente portare ad un aumen | Vantaggio Sleale - Investing e Trading

La ripresa economica dovrebbe naturalmente portare ad un aumento dell'inflazione, in particolare nel settore dei servizi. Inoltre, riteniamo che la completa riapertura della Cina aumenterà la domanda globale di materie prime il cui prezzo si ripercuoterà sull’inflazione globale. Il rischio di reflazione sembra comunque contenuto, almeno nella fase attuale, in quanto l'offerta potrebbe recuperare rapidamente terreno per soddisfare la crescente domanda nazionale.
 
A livello di politica monetaria, osserviamo come la PBoC abbia mantenuto invariati i livelli dei tassi dopo il taglio dell’agosto 2022. Ciò significa che la banca centrale mantiene una politica monetaria prudente durante il ciclo di aumento della FED. L’eventuale taglio dei tassi di interesse amplierebbe infatti l'inversione dei rendimenti Cina-USA e innescherebbe il deprezzamento del tasso di cambio del RMB e il deflusso di capitali. Riteniamo quindi che la politica monetaria si baserà maggiormente su strumenti di quantità piuttosto che di prezzo, come ad esempio tagli ai coefficienti di riserva obbligatoria (RRR) e altre misure di allentamento mirate alle PMI e ai settori colpiti dalla pandemia.
 
Per quanto riguarda la politica fiscale, riteniamo che questa continuerà ad essere espansiva attraverso lo strumento delle emissioni di titoli di Stato locali e sull'innalzamento del rapporto tra disavanzo di bilancio e PIL al 3% dal 2,8% del 2022. Sulla politica abitativa, che ha avuto una brusca inversione di tendenza a partire dalla fine del 2022 durante il crollo degli alloggi e il rallentamento economico, le autorità riconoscono che l'alloggio è il fattore importante per garantire la ripresa della crescita dopo la revoca dello “zero Covid”. Quindi, in aggiunta al “piano in 16 punti” promulgato a fine 2022, sono state attuate politiche di stimolo del mercato immobiliare sia a livello dell’offerta che della domanda.
 
E quindi si investe in Cina? Crediamo che la Cina possa offrire agli investitori una interessante fonte di potenziale crescita nel 2023, visto soprattutto che diverse nazioni sono sull'orlo della recessione quale effetto degli enormi stimoli monetari e fiscali protratti nel tempo che hanno creato la base per l’esplosione dell’inflazione. Al contrario, l'inflazione Cinese rimane moderata, consentendo alle autorità di allentare le politiche monetarie e fiscali per sostenere la crescita economica.
 
Non ci sentiamo tuttavia di escludere che la strada da percorrere per gli investitori in Cina possa inizialmente essere accidentata. Le autorità hanno abbandonato bruscamente la loro strategia zero-Covid alla fine dello scorso anno ed evidentemente non erano del tutto preparate a passare alla vita endemica, dati i bassi tassi di vaccinazione tra gli anziani e la capacità limitata del sistema ospedaliero.
 
La rimozione delle restrizioni Covid ha visto infatti aumentare i tassi di infezione e la Cina potrebbe subire più di un milione di decessi correlati a Covid. Finora non vi è alcun segno che il governo introduca misure per appiattire il tasso di infezione, il che implica che una nuova ondata di Covid potrebbe essere eccezionalmente alta, ma anche rompersi rapidamente. Anche se la fase di riapertura della Cina sarà probabilmente irregolare, i dati economici del 1Q23 sono stati migliori del previsto e potremmo quindi già aver superato il picco dell'impatto economico.
 
Per concludere, vorremmo evidenziare almeno quattro ragioni per cui gli investitori dovrebbero prendere in considerazione un'allocazione alle azioni cinesi:
 
• In primo luogo, la Cina si trova sul lato opposto del ciclo economico rispetto a molti mercati sviluppati, con un'inflazione favorevole che consente ai politici cinesi di mantenere una posizione monetaria e fiscale accomodante. Ciò contribuirà a guidare la crescita economica mentre gran parte del resto del mondo sarà in recessione;
 
• In secondo luogo, le valutazioni dei mercati ci sembrano interessanti. Le azioni cinesi vengono scambiate con uno sconto di circa il 30% rispetto alla media degli ultimi 15 anni sulla base del P/E;